Artibus et Historiae no. 55 (XXVIII)

2007, ISSN 0391-9064

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FULVIO ZULIANI - William R. Rearick (20.9.1930-31.7.2004)

William R. Rearick (ma, a partire dai vent'anni, volle che amici e colleghi lo chiamassero Roger), era nato a Carlisle, nella Pennsylvania, da una famiglia di origini scozzesi. La sua passione per la storia dell'arte era maturata prestissimo. Mostrando ai visitatori della sua casa veneziana la non grande, ma prestigiosa, collezione di quadri e disegni che aveva raccolto negli anni, amava raccontare che l'Adorazione dei Magi che stava appesa nel suo studio-camera da letto, era stata da lui acquistata a quindici anni per pochi dollari, rompendo il salvadanaio, nel piccolo negozio di antiquariato di un'amica di famiglia, avendone riconosciuto la derivazione bassanesca: presagio di un interesse per la produzione di Jacopo Bassano e della sua bottega che avrebbe segnato tutta la sua vita di studioso. E ancora, sempre con l'affascinante capacità affabulatoria che lo distingueva, raccontava la sua esperienza, tra i 19 e i 21 anni, di Acting Curator of Art al Pennsylvania State Museum di Harrisbourgh, dove si era divertito a mettere ordine in una trascuratissima e modesta collezione di quadri ottocenteschi americani. Dopo il college, volle trasferirsi a New York, per continuare gli studi all'Institute of Fine Arts della New York University. Furono questi gli anni cruciali della sua formazione: nel 1955 fu per la prima volta a Venezia, nei giorni in cui si apriva la memorabile mostra di Giorgione, e in cui potč incontrare e conoscere tutti i maggiori storici dell'arte del tempo, che erano convenuti per il Congresso Internazionale della CIHA. E tra Venezia (presso l'appena costituita Fondazione Giorgio Cini) e l'Università di Padova restò due anni, perfezionandosi con Giuseppe Fiocco, e recandosi spesso a Firenze per incontrare Bernard Berenson. Tornato negli Stati Uniti, e conseguito il Master, dopo una proficua esperienza biennale come Lecturer and Researcher presso la Frick Collection, ed il matrimonio con Janet Cox, si trasferì ad Harvard per studiare con Sidney Freedberg, proponendogli come tesi di dottorato una monografia su Jacopo Bassano, che avrebbe consegnato, dopo una ricerca decennale, nel 1968. Tra il 1961 e il 1963 fu il primo fellow della Villa i Tatti a Settignano, e nel 1963 iniziò ad insegnare presso la John Hopkins University di Baltimora, per poi trasferirsi nel 1969 all'University of Maryland, dove restò fino al pensionamento, nel 1994. Per Roger Rearick il pensionamento significò due cose: potersi stabilire definitivamente nell'amatissima Venezia, circondato dai suoi libri e dai suoi dischi (era un appassionato conoscitore di musica classica ed operistica), e potersi dedicare con maggiore assiduità agli studi prediletti sul Rinascimento veneziano. Furono anni molto proficui, e non solo per le sue ricerche: come membro del Board of Directors di "Save Venice, inc.", si dedicò con passione alla salvaguardia del patrimonio artistico veneziano, promuovendo ed orientando moltissimi importanti restauri, di pitture, sculture e monumenti (come la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, e la facciata della Scuola Grande di San Marco). Il progressivo peggioramento della sue condizioni di salute riuscì a rallentare, ma non ad interrompere la sua attività: negli ultimi mesi di vita, quando ormai solo con enorme difficoltà riusciva a lavorare alla tastiera del computer, completò il catalogue raisonné dei disegni del Carpaccio, che doveva costituire il nucleo principale di un volume di saggi sul pittore veneziano, che si spera di poter pubblicare in un futuro prossimo. E ancora, negli ultimi mesi, contribuì attivamente all'istituzione, a Pieve di Cadore, della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, come membro del Comitato Scientifico, e ideatore e direttore della rivista "Studi Tizianeschi", di cui riuscì a realizzare il primo numero.

Le competenze, e la curiosità intellettuale di Roger Rearick si rivolgevano, senza preclusioni, a tutta la storia dell'arte, ma fin dall'inizio della sua attività di studioso decise di dedicare le sue ricerche, soprattutto, all'arte veneziana. Negli anni di formazione visitò instancabilmente musei, collezioni, chiese e gabinetti di disegni d'Italia e di tutta l'Europa, e, sorretto da una straordinaria memoria visiva, raccolse una quantità enorme di materiale che andò via via utilizzando nel corso degli anni, ma che in parte č ancora disperso in una serie di piccoli taccuini fitti di appunti, che lui solo riusciva a decifrare. E' un percorso di connoisseurship, nel solco della più nobile tradizione del secolo scorso, ma di un connoisseur che diffidava degli indizi sempre opinabili forniti dalla riproduzione fotografica, e che era soddisfatto solo con il contatto diretto, fisico, con le opere. I suoi interventi furono subito importanti: dal pionieristico saggio su Battista Franco a Venezia (1958-1959), ai diversi articoli in cui presentava inediti di Jacopo Bassano, estraendoli dalla sua monumentale tesi di dottorato (purtroppo, anche per la sua mole, mai pubblicata nella sua interezza). E fin dall'inizio fu chiaro un aspetto del suo atteggiamento metodologico, che costituisce uno dei suoi contributi più rilevanti alla storia dell'arte veneziana degli ultimi decenni, ovverossia l'attenzione alla produzione grafica degli artisti, non certo trascurata finallora (basti pensare ai volumi dei Tietze), ma relegata ad un interesse specialistico, separato: per Rearick invece è sempre stata una componente essenziale del processo creativo delle opere, indispensabile ai fini della ricostruzione della cultura e della personalità degli artisti. Saranno esemplari sotto questa luce il catalogo della mostra fiorentina del 1976, Tiziano e il disegno veneziano del suo tempo, i volumi sui Maestri veneti del Cinquecento pubblicati da Alinari (1977-1980), e i numerosi articoli e saggi dedicati ai disegni di singoli artisti, da Jacopo Bassano, a Lorenzo Lotto, a Paolo Veronese, a Jacopo Tintoretto. Una sorta di summa di questa ricerche pluridecennali sarà poi il volume Il disegno veneziano del Cinquecento (2001), pubblicato peraltro in una versione più sintetica di quella che Rearick in un primo momento avrebbe voluto. Anche in questa rapida rassegna non si possono poi non citare altri lavori: dai cataloghi delle due mostre su Paolo Veronese (Venezia e Washington, 1988), al lungo ed impegnato saggio su Iacopo Bassano che compare nel catalogo della mostra del 1992 (Bassano e Fort Worth), in cui pure trae le fila di decenni di studi. E citiamo ancora, fra i tanti interventi degli ultimi anni (fra i quali alcuni su questa rivista), sempre ricchi di nuove e spesso sorprendenti proposte, il saggio su Bernardo Strozzi (1996), quello su Nicolò Pizolo (1999), quello sui ritratti di Orlando Flacco (2001), e i diversi articoli su Tiziano, da quello sulle "mitologie" tarde (1996), a quello sulle Maddalene penitenti (2001), a quello, uscito ormai dopo la morte, sulla sua rivista Studi Tizianeschi (2004).

Ma un ricordo di Roger Rearick non può limitarsi ad una scarna rassegna bibliografica: amici, colleghi, studenti che si rivolgevano a lui per consigli e suggerimenti, non potranno mai dimenticare la sua straordinaria umanità, l'affabilità con cui accoglieva tutti nella sua bella casa veneziana, la generosità senza riserve con cui condivideva le sue vastissime conoscenze. Fino agli ultimi giorni, sembrava che l'affetto da cui era circondato gli desse la forza di resistere agli assalti della malattia, e di portare avanti vecchi e nuovi progetti, ma quattro anni prima, quando scriveva le ultime righe del suo volume sul disegno veneziano, che termina con una citazione da una poesia di Eliot, mi confessò in un attacco di malinconia che anche lui, come il disegno veneziano del Rinascimento, sentiva arrivare la fine, e sarebbe stata "not with a bang, but a wimper".

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